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Celiachia, verità scientifiche e falsi miti

La parola al Nutrizionista:

La celiachia viene definita come un allergia permanente alle proteine del glutine presenti naturalmente in diversi cereali, tra i quali, frumento, segale ed orzo.

Il glutine rappresenta la frazione proteica composta da diverse proteine tra i quali la gliadina e la gluteinina, presente naturalmente nel frumento o grano.

Di per se non ha un valore nutrizionale importante, ma conferisce propietà di colla o addensante nella panificazione del frumento e di altri cereali. Ecco perchè i cereali poveri in glutine non sono adatti alla panificazione. Ragione per la quale l’industria si è spinta sempre di più verso la ricerca di farine ricche in glutine per soddisfare la domanda di prodotti da forno.

 

Inoltre la componente genetica e l’interazione con l’ambiente rendono perciò la patologia di natura multifattoriale complessa. L’impronta genetica è molto preponderante in questa patologia, essa risulta infatti una delle patologie su base genetiche più frequenti. Inoltre, con tecniche di diagnosi sul DNA, è stato possibile riscontrare una eleveta frequenza di 2 alleli o loci detti DQ2 e DQ8 nei pazienti affetti da celiachia.

Spesso consiglio ai miei pazienti di verificare la presenza o meno degli alleli con un rapido test genetico non invasivo per escludere la predisposizione genica. Inoltre oggì è ormai un esame econonmicamente accessibile a chiunque.

Le novità in campo di celiachia si possono racchiudere nei seguenti punti:

La biopsia intestinale rimane un esame necessario per la diagnosi di celiachia solo in età adulta. Ci sono forti raccomandazioni per l’esecuzione del test genetico in età pediatrica senza la necessità d’esecuzione della biopsia intestinale.

La novità più importante delle nuove Linee Guida riguarda l’applicazione del protocollo ESPGHAN per la diagnosi di celiachia in età pediatrica ed adolescenziale.

In questi pazienti, con quadro clinico di malassorbimento e sintomi correlati all’assunzione di glutine, in presenza di una positività per anticorpi anti-tTG IgA  superiore ad almeno 10 volte il valore soglia, confermata dalla positività per gli EmA IgA e dalla presenza del profilo genetico compatibile (HLA-DQ2 e/o DQ8), prende piede la diagnosi di celiachia senza ricorrere alla biopsia duodenale .

 

La celiachia oggì è molto diffusa, infatti con il raffinarsi delle tecniche diagnostiche è aumentata moltissimo la prevalenza ovvero il numero di casi presenti al momento nella popolazione di persone affette da celiachia. E’ probabile che questo incremento nei numeri sia dovuto all’aumentato screening nella popolazione di casi con sintomatologia evidente e non.

Se da un lato è facile individuare quei pazienti affetti da celiachia con sintomi gastronintestinali evidenti, rimane però tuttora difficile individuare quei soggetti con sintomi silenti. Questi ultimi rappresentano una grossa fetta di pazienti affetti da celiachia.

L’introduzione in diagnostica di una nuova classe di anticorpi accanto la sierologia classica ha permesso di incrementare la diagnosi in tutti quei casi con sintomi mascherati o assenti facendo emergere il nuovo dato epidemiologico allarmante. Infatti si stima oggi che nella nostra popolazione la prevalenza della celiacia si aggira intorno ad 1 caso ogni 100.

Quindi è importante soffermarsi su questo nuovo concetto di celiachia silente o nuova accanto a quella classica come viene definita da diversi ricercatori, che porta gli organi ufficiali a dovere trattare quest’elevata frequenza di celiachia come un vero e proprio fenomeno sociale.

È importante ricordare che l’esame fondamentale per la diagnosi di malattia celiaca rimane la gastroduodenoscopia con biopsia intestinale alla quale vanno associati alcuni esami ematochimici tra i quali è di degna nota citare il dosaggio dell’anticorpo anti transglutaminasi tissutale che ha un elevatissima specificità (100%) e sensibilità (maggiore di 95%).

Negli ultimi anni le varie società di gastroenterologia e allergologia hanno identificato e descritto la cosiddetta sensibilità al glutine non celiaca (GS) che è una sindrome completamente diversa dalla malattia celiaca, ma condivide con essa i sintomi extraintestinali tra cui la cefalea, dolori addominali, diarrea, dolori articolari, depressione, astenia, sonnolenza, rash cutanei ed anemia.

Tutti questi sintomi cessanno immediatamente adottando una dieta priva di glutine così come nella celiachia classica e silente, ma si ripresentano con la rintroduzione di glutine.

È interessante notare che la GS non si diagnostica con i classici markers della celiachia in quanto spesso i markers della celiachia risultano negativi. L’unico test accertato finora è il test da esclusione e rintroduzione del glutine.

Il protoccolo è semplice. Il nutrizionista è di fondamentale importanza per aiutare il paziente ad individuare inanzitutto quegli alimenti ricchi in glutine e quantificare la dose giornaliera di carboidrati ricchi in glutine alla quale si scatenano i sintomi.

Evitate i test di dosaggio delle IgG di classe IV, in quanto la comunictà scientifica e le società più presitgiosi di allergologia al mondo le ritengono inattendibili. Spesso purtroppo il paziente ignaro di queste dinamiche si fida dell’operatore sanitario che propone test non affidabili. Ecco perchè bisogna essere critici anche nei confronti della stessa classe di nutrizionisti pretendono serietà e scrupolosità scientifica.

Cito questi test bufala riportati dalla società italiana di allergologia, che possono aiutare nell’immediato il paziente a capire la validità di un test proposto da un collega o meno: TEST per le intolleranze alimentari (esclusi i test validati per indagare sospetta celiachia o intolleranza al lattosio) 

  1. il VEGA test

  2. Il test Citotossico

  3. Il dosaggio delle IgG4 sieriche

  4. L’analisi del capello

  5. Techniche di biorisonanza

Questi sono alucni dei test che purtroppo ritroverete ancora in farmacia, e nella peggiore delle ipotesi vi veranno segnalati e consigliati da colleghi.

 

Il cardine per la terpia della malattia celiaca è una dieta priva di glutine in maniera perenne e continuativa. Quindi osservando scrupolosamente la totole assenza di glutine nella propria dieta, in quanto anche se presente in una piccolissima parte rinnescherebbe tutti quei sintomi della malattia celiaca classica e non.

Non a caso di recente è stato evidenziato il ruolo della dieta aglutinica nei pazienti con celiachia refrattaria, ovvero per celiachia refrattaria si intende una celiachia non curata protratta nel tempo, in cui peggiora il danno intestinale ed il malassorbimento, nonostante diversi mesi di dieta aglutinica. Questa condizione, che riguarda relamente solo il 13% dei casi di celiachia non responsiva alla dieta, necessita di una rigorosa diagnosi differenziale con le più comuni cause di non completa responsività alla dieta.

Le cause più comuni rimangono la scarsa adesione rigorosa alla dieta aglutinica, e la sindrome dell’intestino irritabile. Il tutto sottolinea di nuovo l’importanza dell’adesione rigorosa alla dieta aglutinica che rimane il caposaldo della terapia della malattia celiaca. È fondamentale ricordare, che alcuni pazienti necessitano di più tempo affinché si ripristino le funzioni assorbitive, e perciò non si devono superficialmente diagnosticare come refrattari.

La diagnosi della celiachia spesso sorpende il paziente e ne condiziona il suo stato d’animo, per via delle ridotte scelte nutrizionali e l’esclusione in un primo momento dalla vita sociale. Tutto questo può essere facilmente superato con l’ausilio del proprio nutrizionista di fiducia ricorrendo ad una dieta equilibrata , bilanciata, ma sopratutto varia.

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